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l’ombelico del mondo

2 aprile 2011

Ho sbagliato,

non ho resisitito alla curiosità di vedere il risultato finale della tristerrima intervista del giornalista del tiggiuno al mio amico che sento un po’ troppo spesso – con grande gioia del mio gestore telefonico, immagino – e mi sono rovinata la giornata che tanto avevo faticato a rimettere a posto.

Ignorata la crisi per quattro mesi, dopo il comunicato di ICRC sugli ottocento morti a Duékoué di ieri sera, i nostri valorosi eroi dell’informazione si sono guardati increduli in faccia domandandosi di che mai stessero parlando, e  hanno deciso di passare all’attacco. E infatti si sono attaccati al telefono. E hanno fatto un’intervista del tipo:

salve, sono tal dei tali del tiggiuno, so che lei ha studiato in Italia e parla italiano, volevo chiederle, come è la situazione a Abidjan? ci sono combattimenti? e lei conosce italiani? e cosa fanno gli italiani che conosce? dove lavorano? con chi lavorano? e dove sono adesso? e hanno paura? sono preoccupati? stanno pensando di andare via? no, no, non manderemo in onda l’intervista, grazie buonasera.

Ovviamente poi tre secondi di intervista sono andati in onda – con buona pace della espressa richiesta di non farlo – ma la cosa sconvolgente davvero è stata il titolo: Costa d’Avorio, paura per gli italiani.

Massepò? (altro amico mi dice che se pò, se pò, e in effetti).

Che ne è stato della crisi? che ne è stato delle elezioni? che ne è stato dello stillicidio quotidiano? che ne è stato degli oltre quattrocento morti di questi mesi? che ne è stato del milione di sfollati? che ne è stato delle case saccheggiate? che ne è stato delle banche chiuse? della gente senza soldi? dell’embargo? delle posizioni europee, statunitensi, delle Nazioni Unite, dell’Unione Africana? che ne è stato di un paese allo stremo?

Davvero, capisco che  – come per il pizzaiolo di Tokyo – se nel servizio, o nell’articolo, non parli degli italiani coinvolti la gente non lo legge. Ma magari sarebbe opportuno porsi un limite.

Ma poi in realtà non lo capisco. Siamo davvero – noi tutti – così tanto autoreferenziali che qualunque cosa succeda fuori dai nostri confini, se non c’è uno “dei nostri” coinvolto non ci interessa? Davvero siamo così tanto ripiegati su noi stessi che di quello che succede nel resto del mondo non ci importa? Se costruissero un ponte tra New York e Londra, e non ci fosse neppure un italiano a progettarlo, a costruirlo, a decorarlo, non ci interesserebbe?

Quattro mesi di crisi, una settimana a dir poco rovente, e quello che emerge dal servizio è che gli italiani hanno paura?

Mi domando perché, fra l’altro, non abbiano telefonato all’italiano che lunedi mi diceva che era tutto perfettamente normale, o a un qualunque altro italiano, anziché sprecare il tempo di un ivoriano.

Neanche commenti di prima mano possiamo avere.

Ma se non altro, contrariamente a quanto pensavo, se ne sono accorti.